Immigrazione: fenomeno strutturale
Francesca Balboni
“L’immigrazione costituisce una grande risorsa per lo sviluppo del nostro paese, ma comporta anche l’impegno delle istituzioni per garantire politiche organiche di integrazione sociale e di promozione delle pari opportunità per i nuovi cittadini. Solo in questo modo è possibile coniugare sviluppo e coesione sociale”. Queste le parole del Capo Dipartimento Pari Opportunità, Ermenegilda Siniscalchi, che aprono il Dossier Statistico Immigrazione 2014, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali http://www.unar.it/unar/portal/?lang=it ).
Il dossier (http://www.dossierimmigrazione.it/eventi.php?qc=55 ), presentato a Roma il 29 ottobre scorso, rappresenta una delle raccolte dati sui flussi migratori verso l’Italia e sull’immigrazione tra le più complete in circolazione.
Dalla sintesi del Dossier emerge come, nonostante nel mondo (e così anche in Italia) il fenomeno migratorio abbia assunto dimensioni e caratteristiche sempre più strutturali, la conoscenza di questa realtà risulti ancora limitata e offuscata da luoghi comuni e paure o da semplice mancanza di conoscenza (http://www.ilpost.it/2014/10/29/percezioni-sbagliate-italiani/ ).
Sui social network in particolare si riscontra il maggior numero di casi di manifestazioni razziste. La dimensione virtuale, rileva UNAR, favorisce la pubblicazione di contenuti xenofobi che si diffondono rapidamente nel web: “l’anonimato – si legge nel Dossier – è l’humus per espressioni di odio razziale inibite nella vita sociale”. L’Associazione Carta di Roma, nata nel 2011 per contrastare la cattiva informazione sui temi dell’immigrazione e attuare un protocollo deontologico in questo ambito, ha proposto, in collaborazione con CESVI, le linee guida per una corretta informazione (http://www.cartadiroma.org/cosa-e-la-carta-di-roma/linee-guida/ ).
È bene, quindi, soffermarsi sui dati che danno una fotografia autentica del fenomeno immigrazione (una sintesi dei dati è reperibile sul sito del Dossier http://www.dossierimmigrazione.it/docnews/file/2014_Sintesi%20IDOS.pdf ehttp://www.dossierimmigrazione.it/docnews/file/2014_Scheda%20Unar.pdf ).
Il numero di migranti nel mondo consiste in 231.522.000 unità. Gli sfollati, i rifugiati e i richiedenti asilo sono 51,2 milioni.
Nel 2013 (anno di riferimento delle statistiche del Dossier) i cittadini stranieri residenti in Italia sono risultati 4.922.083, distribuiti sul territorio nazionale per il 60,1% al nord, il 25,4% nel centro e il 14,6% al sud. Per 100 cittadini italiani residenti in Italia circa 8 sono stranieri.
Secondo la stima del centro studi IDOS la presenza complessiva degli immigrati in posizione regolare è però più alta e dovrebbe ammontare a 5.364.000 persone circa.
I principali continenti di provenienza dei soggiornanti in Italia sono l’Europa (30,5%), l’Africa (30,8%), l’Asia (27,7%), l’America (19,9%) e l’Oceania (0,1%), mentre i paesi di origine maggiormente presenti sono la Romania, l’Albania, il Marocco, la Cina e l’Ucraina.
Il 53,2% di essi è di religione cristiana (tra ortodossi, cattolici, evangelici e altri cristiani), il 33,1% di religione musulmana, il 6,4% di tradizioni religiose orientali, il 4,4% sono agnostici, poi sono presenti altri gruppi di ridotte dimensioni in parte anche di religione ebraica.
Un quarto della popolazione immigrata risiede in quattro province (Roma, Milano, Torino, Brescia). In Lombardia rappresentano il 22,9% del totale nazionale e quelli della provincia di Roma il 10,3%. Il 23,9% del totale dei residenti stranieri è composto da minori.
Gli stranieri regolarmente occupati sono 2,4 milioni (10,5% sul totale degli occupati) e lavorano nei servizi (63,6%), nell’industria (31,7%) e in agricoltura (4,7%). Molto interessante è la valutazione costi/benefici dell’immigrazione per lo Stato italiano che consiste in +3,9 miliardi di euro. Questo significa che l’immigrazione incide positivamente sul nostro PIL.
Il 52,7% della popolazione straniera residente è risultata nel 2013 composta da donne giunte nel nostro paese per motivi di lavoro (il 49,3% risulta regolarmente impiegata) o per ricongiungimento familiare. Lavori poco qualificati, nella maggior parte dei casi nell’ambito dei servizi assistenziali, nonostante il livello di istruzione sia in molti casi elevato (circa la metà delle donne straniere è sovraistruita rispetto a quanto richiesto dalle mansioni del lavoro svolto).
La provenienza è andata modificandosi nel tempo. Prima le donne filippine, eritree e capoverdiane, poi le polacche, le romene, le moldave e le ucraine hanno trovato un impiego nel nostro territorio nazionale anche grazie all’aumento dell’occupazione femminile italiana, cresciuta negli ultimi decenni, prima della crisi. Ogni 100 donne italiane entrate nel mercato del lavoro, e bisognose di un aiuto familiare, hanno prodotto fino a 15 ulteriori posti di lavoro in settori come la ristorazione, la ricreazione, l’assistenza all’infanzia e agli anziani. Nella maggior parte dei casi sono state donne straniere ad occuparli (dati estratti dal capitolo “La dimensione femminile dell’immigrazione in Italia” del citato Dossier). Esiste anche una realtà in aumento di donne imprenditrici immigrate (nel 2013 sono aumentate del 5,4%).
Tuttavia, nonostante le cittadine straniere in Italia siano più della metà degli stranieri residenti, non esistono ancora politiche specifiche in risposta alla progressiva femminilizzazione dei flussi migratori.
Secondo gli esperti di IDOS, che hanno redatto il documento, la principale misura di integrazione adottata attualmente in Italia consiste nella formazione linguistica che in termini di ore e di livello di insegnamento risulta comunque inferiore agli altri paesi dell’Unione Europea.
Le competenze linguistiche, si sottolinea nel Dossier, sono un importante misura di empowerment che permette di accumulare prezioso capitale sociale, definito in termini di linking nella letteratura internazionale. “La capacità delle donne di generare questo tipo di capitale sociale è un fattore determinante per favorire l’inclusione di interi nuclei familiari e costruire un’efficace prospettiva di integrazione ”. Il linking viene infatti inteso come frutto del rapporto con le istituzioni e i servizi pubblici.
Non dimentichiamoci inoltre della realtà di molte donne straniere che, in continuità con le tradizioni culturali dei paesi di origine, possono trovarsi “confinate” tra le mura domestiche senza il controllo di un contesto sociale circostante. L’elevato tasso di inattività (80% contro una media del 46,4%) di donne originarie di alcuni paesi come il Pakistan, l’Egitto o il Bagladesh dovrebbe destare alcuni interrogativi.
Sarebbe certamente importante approfondire le motivazioni e le modalità specifiche del progetto migratorio delle straniere di qualunque nazionalità giunte in Italia. Questo per poter modulare un’assistenza mirata che attualmente appare invece indistinguibile rispetto alla provenienza e al genere.
Al fianco di realtà di più facile integrazione esiste quella tristissima dei Centri di identificazione ed espulsione dove la numerosità delle persone accolte e le condizioni di vita critiche, come la stessa Commissione del Senato per i diritti umani ha attestato, devono indurre l’adozione di misure immediate e specifiche.
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